Un aratro di legno, un attrezzo di lavoro che al Paesello ogni contadino costruiva da sé con materiale reperito nel luogo, fa da incipit ai sei racconti. Gli attrezzi servivano per lavorare la terra e dare così sostentamento alla famiglia, ai figli che qualche volta riuscivano anche a mantenere agli studi per un riscatto sociale. Durante il lavoro poteva capitare perfino che nascessero incontri ravvicinati con la nascita di figli naturali, poi, quasi sempre, benvoluti e amati come figli legittimi. Al Paesello, inoltre, venivano fatti lavori, oggi non più concepibili, come quello che vede protagonisti “Caglio e Sego” e quello di piccoli allevamenti domestici di ovini, caprini e animali da cortile. Insomma per l’autore il Paesello, da lui tanto amato e raccontato in questo “Viaggio”, è un’oasi di pace, benevolenza e solidarietà tra chi vi abita. Tanto da dedicargli, in conclusione, una poesia: “Paisi miu”.